Luoghi dell' Infinito > Architetture per raccontare

Architetture per raccontare

I musei contemporanei si ispirano al luogo o alla cultura del territorio per costruire narrazioni in cui contenuto e contesto si integrano tra loro

Il museo dello Hielo Patagónico, o Glaciarium, nella Terra del Fuoco, in Argentina. L’edificio è stato progettato da Pablo Güiraldes e Santiago Cordeyro (archivio Güiraldes y Cordeyro)

Il museo dello Hielo Patagónico, o Glaciarium, nella Terra del Fuoco, in Argentina. L’edificio è stato progettato da Pablo Güiraldes e Santiago Cordeyro (archivio Güiraldes y Cordeyro)

​È come il fronte del Perito Moreno in cui s’insinuano fenditure quando, con l’arrivo dei mesi caldi, il ghiaccio avanza verso il mare e la sua uniformità si smembra in torreggianti, bianchi cumuli che divergono mentre si avvicinano al punto in cui con un maestoso tonfo cadranno. Le masse in gioco del ghiacciaio sono poderose e il loro moto è lento quanto inarrestabile.
In prossimità dell’Antartide la vita assume dimensioni diverse, inconcepibili altrove; abita lande gelate e si nutre di licheni, è inondata da riflessi e bagliori, ovunque pervasa da una luminosità implacabile quanto lontana, intensa quanto fredda. La Patagonia nella sua propaggine estrema prende il nome di Terra del Fuoco: agli indigeni non bastavano le pelli per coprirsi e vi sopravvivevano solo grazie ai tanti falò sempre accesi che sorpresero i visitatori europei. Il museo dello Hielo Patagónico, detto anche Glaciarium, riprende la storia e l’ambientazione di questa regione, a partire dall’architettura che ripropone la figura del ghiacciaio nel momento del suo scindersi presso il mare: esprime così il genius loci, lo raffigura e lo indaga nelle sue manifestazioni fisiche, biologiche, antropologiche. Su tutto domina il freddo. È un museo nato per mimesi, incapsulando in sé la storia della regione e della comunità di cui diviene espressione concreta, scultorea presenza, epitome e simbolo. E si pone anche come coscienza operante, anima del sito, effige di un’identità che in altro modo forse non potrebbe rappresentarsi compiutamente. È casa comune e centro di accoglienza in cui il visitatore può avvicinare quanto di più proprio e originale l’ambiente riserva.
Non erano così i primi musei, né sono stati tali nel corso della storia fino alle soglie di questo nostro tempo della globalizzazione. Perché museo in antichità era là dove si andava per avvicinarsi alle raccolte di meraviglie lontane, a insiemi enciclopedici di nozioni, informazioni, volumi che raccontavano la storia e la vita del mondo anche a chi non lasciava mai la terra natia. Era questo il Museion di Alessandria (al cui interno era anche la biblioteca), mitico nelle sue antichissime origini. Scienziati e amanti della cultura vi raccoglievano codici scritti in lingue estranee, rotoli e testi di varia provenienza. E il visitatore e lo studioso vi accorrevano per assaporare quanto offrivano terre sconosciute: vi trovavano un briciolo di universalità in un’epoca in cui questa mancava per ragioni economiche, per le difficoltà nei trasporti, per i limiti delle comunicazioni.

di Leonardo Servadio