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Dialoghi con l'arte nuova

Esterno della chiesa di Sant’Enrico, San Donato Milanese.

Esterno della chiesa di Sant’Enrico, San Donato Milanese.

La propensione e l’interesse di papa Montini per il mondo dell’arte sono ben noti e documentati, e l’esistenza della Collezione Paolo VI a Concesio, nonché, ovviamente, della Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani, sta a testimoniare questo suo rapporto privilegiato con la dimensione della creazione estetica.
Doveva essere anche, in parte, una passione innata; ne troviamo traccia già nella corrispondenza giovanile, dove, magari scrivendo ai familiari da qualche località visitata per diletto o per ragioni di studio, si sofferma non di rado sull’architettura e le testimonianze artistiche del posto. Questi testi mostrano una sensibilità spiccata e un gusto ben preciso, che, per esempio, rifugge dall’esuberanza del barocco, giudicato assai severamente, privilegiando invece la semplicità intensa del romanico, oppure, come nel resoconto ai genitori di una gita al santuario della Verna, il nitore delle terrecotte dei Della Robbia. Né mancano, già alla fine degli anni Venti, scritti e interventi del giovane Montini su temi inerenti a pittura e scultura moderne, analizzate in relazione con la fede cristiana.
 
di Paolo Bolpagni
 
Alla fine del 1961 il cardinale Giovanni Battista Montini chiese aiuto a tutti i milanesi – al popolo, al clero, alle associazioni cattoliche, ai commercianti, agli esponenti della finanza – lanciando il programma “Ventidue chiese per ventidue Concili”, per poter continuare nel compito che si era assunto: «salvare spiritualmente la città», far sì che la «Milano cristiana salvi la Milano pagana» rendendo il più possibile vicina a tutti la chiesa con i servizi parrocchiali. Non sapeva ancora che l’onere dell’attuazione del Concilio Vaticano II sarebbe ricaduto sulle sue spalle, di lì a poco. Arcivescovo nella diocesi milanese per otto anni dal 1954 al 1963, cardinale dal 1958, egli vedeva nella moltiplicazione delle parrocchie, già avviata dal predecessore Ildefonso Schuster ma da lui fortemente incrementata, uno dei fuochi della propria pastorale: il dialogo tra fede e modernità. Di Milano, uscita dalla difficile fase della ricostruzione postbellica, percorsa da fermenti sociali, culturali ed economici come nessun’altra città nella penisola, Montini stimava la vitalità e la capacità di innovazione, ma temeva la secolarizzazione galoppante, l’uscita di troppi uomini «dal raggio dello spirito cristiano», facilitata dalla tumultuosa crescita delle periferie......
 
di Maria Antonietta Crippa