Luoghi dell' Infinito > Dove gli alberi si sposano

Dove gli alberi si sposano

In nove paesi tra Basilicata e Calabria, dalle Dolomiti Lucane al Pollino, tra maggio e settembre si celebrano le nozze arboree, riti ancestrali dalle forme potenti

​Fra i giorni della primavera, che a volte su queste montagne sono ancora frammento di inverno, e il settembre che annuncia i venti dell’autunno, nella Lucania più bella e solitaria, fra le rocce delle Dolomiti Lucane e la montagna corale del Pollino, si celebrano, in un’euforica e faticosa eccitazione, piccole-grandi feste degli alberi. Sono conosciute dagli studiosi come riti arborei. Per me sono felicità ed ebbrezza.
Per gli antropologi più tradizionali, ad Accettura, a Pietrapertosa, a Castelmezzano, a Oliveto Lucano, avvengono autentici matrimoni degli alberi, sposalizi fra il “maggio”, u’masc, un cerro, albero maschio, e la “cima”, un agrifoglio, pianta femmina. Nel massiccio del Pollino (Alessandria del Carretto, Rotonda, Castelsaraceno, Terranova, Viggianello) sono invece un faggio, a’pitu (a Castelsaraceno è la ‘ndenna), e un abete, la “rocca” (o la cunocchia di Castelsaraceno) a unirsi in un rituale che celebra il passaggio delle stagioni, il mutamento e la trasformazione della natura. Queste feste sono un augurio gioioso di fertilità. In nove paesi, otto in Lucania e uno in Calabria, gli alberi e gli uomini sono protagonisti di giorni grandiosi. Colmi di euforia, fatica, lavoro durissimo, adrenalina, cibo e vino. È festa che vale l’intera annata.
La gente di questi paesi a volte sorride scuotendo la testa: le feste degli alberi più che uno sposalizio per loro sono identità di paese, storia di solidarietà, memoria del passato e certezza del futuro. Sono, allo stesso tempo, tradizione e contemporaneità. Sono una ragione di esistenza, di voglia di essere. Ad Accettura, paese delle Dolomiti Lucane, ho conosciuto i 99 anni di zi’ Andrea. Aveva un solo dente, si appoggiava a un bastone. Per nessuna ragione al mondo avrebbe perso la festa, il Maggio, che qui avviene nei giorni della Pentecoste. Andrea ora non c’è più. So che da quando aveva quattordici anni fino ai novantacinque ha tenuto una zappa in mano. È stato uno dei migliori maggiaioli, uno degli uomini che trasportavano e lavoravano l’albero più grande. Quel giorno mi disse: «Finché ci sarà la festa, Accettura avrà un futuro. Quando non ne saremo più capaci, finirà il mondo».
 
di Andrea Semplici