Luoghi dell' Infinito > Frutti della terra, doni del cielo

Frutti della terra, doni del cielo

Si fa urgente la necessità di recuperare la sapienza empirica antica che sposava gusto e sobrietà, ordine e salute. E rispettava il creato

​Scriveva Ildegarda di Bingen, intorno all’anno Mille, a Everardo II vescovo di Bamberga: «Tutte le cose che possiamo vedere, toccare e percepire col gusto sono state create da Lui. Ed Egli le ha viste tutte in qualche modo indispensabili per l’uomo: per l’amore totale, per la paura, l’ubbidienza o la prudenza in ogni occasione. Tutto ciò che ha creato ha qualcosa di visibile e non visibile. Ciò che si vede è debole, ciò che non si vede è forte e vivo».
Basterebbero queste poche righe dense di significato, scritte da una santa proclamata pochi anni fa dottore della Chiesa, per capire quanto il cibo ci riporti alla terra e la terra ci riporti a un ordine dentro al quale viene garantita la vita dell’uomo. C’era un senso di unità nel Medioevo, per cui mai nessuno avrebbe messo in discussione che l’uomo era al centro di un fenomeno ben preciso, la vita, che passava e che passa dal sistema stellare, dalle stagioni, dalla semina e dalla raccolta, per garantire non solo la possibilità dell’uomo di alimentarsi dentro a un ciclo, ma addirittura di variare gli alimenti, secondo un’esigenza oggi considerata ideale dalla dietetica moderna.
Dentro a un ordine c’è la vita, fuori da esso c’è il disordine. E se applichiamo questo assioma all’alimentazione scopriamo che l’insorgere delle patologie causate da una sbagliata alimentazione è il segno evidente di un disordine, addirittura promosso da una cultura iperigienista che vorrebbe garantire l’alimentazione intorno a pochi cibi, sempre quelli, quasi che non esistessero le stagioni e con esse la logica del Creatore. Tuttavia, nei secoli l’uomo, in assenza della scienza acceleratrice di oggi, ha prodotto una scienza tutta sua, che si chiama empirismo e che nella conoscenza delle stagioni che interagivano con la terra arrivava ai saperi di cui oggi tutti fruiamo. I campioni di questo empirismo e di una sperimentazione senza eguali sono stati i monaci, che di fatto hanno codificato pratiche agricole, la bonifica dei terreni, e persino la conservazione degli alimenti. Così la conservazione del latte diventa il formaggio, mentre il sale aiuta a preservare le carni che diventeranno salumi. L’acqua si purifica con la fermentazione dei cereali e si ha la creazione della birra, che è anche un elemento corroborante nell’alimentazione di un popolo che lavorava la terra.

di Paolo Massobrio