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Gerusalemme, grembo dell'uomo

Dalla polis greca a Roma fino all’alterità sacra della Città Santa: radici e senso della civiltà urbana

Gerusalemme celeste (1047), miniatura, Commentari all’Apocalisse di Beato di Liébana. Madrid, Biblioteca Nazionale di Spagna (Iberfoto/Alinari)

Gerusalemme celeste (1047), miniatura, Commentari all’Apocalisse di Beato di Liébana. Madrid, Biblioteca Nazionale di Spagna (Iberfoto/Alinari)

Polibio, nel secondo secolo a.C., così descriveva Gerusalemme: «Poco dopo si arresero (ad Antioco di Siria) anche i Giudei, quelli che abitano attorno a un santuario (hieron) chiamato Hierosolyma».Per lui non era una città, ma il santuario del dio Solyma.
Polibio è un greco che scrive dell’impressionante espansione romana. Aveva un’idea di città che difficilmente poteva coincidere con quella dei Giudei.

Si dice che la città greca antica, "polis", fosse la vulva che generava i cittadini, i "politai". La "politeia" era il loro modo di vivere, la "politica" l’attività principale. La città aveva delle mura che la ritagliavano dalla "chora", la campagna circostante. Talvolta le case costruite lungo il perimetro dell’abitare politico facevano da cinta muraria: le pietre che accoglievano i gesti d’ogni giorno avrebbero difeso le strutture del vivere comune in caso di pericolo. Sparta non aveva mura e se ne vantava: le bastavano i suoi cittadini.
Sin dai tempi più remoti, la vita comune favorì l’aumento della popolazione e spinse molti fuori dalla città, non più in grado di fornire mezzi di sussistenza degna. Così, le poleis figliarono altre città: gruppi di cittadini, portandosi appresso una zolla della loro terra e un braciere col fuoco, partirono a fondare città a immagine di quella che li aveva educati alla bellezza del vivere assieme. La città d’origine divenne Madre, e le colonie per secoli si riconobbero in essa, la "metropoli"......

di Paolo Garuti