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Gesti ancor più che parole

Giovanni Paolo II ha saputo non solo “dire” ma anche “fare”. Per questo, dalla Chiesa alla politica mondiale, è stato così incisivo

È difficile parlare di un uomo che ho conosciuto vent’anni prima che diventasse pontefice e che ho servito da vicino nel corso di venti anni di vita romana. Come descrivere un Papa dalle mille sfaccettature che si è trovato sotto i mille riflettori dei media? Ciò che di lui mi ha più colpito è forse la sua alta coscienza professionale: Giovanni Paolo II ha esercitato il suo “mestiere”, il suo ministero (è la stessa parola) di Papa, fino in fondo, senza trascurare nulla del suo compito di pastore universale della Chiesa, lontano da tutti i voritici dell’opinione pubblica e molto vicino alle aspirazioni più profonde dell’umanità.
Ero con lui in Polonia nel suo primo viaggio in patria nel 1979, meno di un anno dopo la sua elezione. Lo sento ancora, sulla piazza di Varsavia dove il regime comunista teneva le sue grandi manifestazioni: «Non si può escludere il Cristo dalla storia dell’uomo, farlo è un atto contro l’uomo». Quando egli coglie l’uomo nella sua umanità viva e non mutilata della sua dimensione religiosa, le folle non si sbagliano. Per quanto difficile possa essere stato a volte un discorso decisamente cristologico e moralmente esigente, ognuno si è sentito raggiunto, riconosciuto e amato nel vuoto di tutte le sue miserie. Ci si immagina la sua gioia alla caduta del Muro di Berlino: basta rileggere l’enciclica Centesimus annus del 1989. Meditando sulla scena evangelica del Giudizio Finale, in cui tutto si riferisce ai poveri, Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte ha scritto una pagina che proietta un raggio di luce sul mistero del Cristo. È tanto su questo testo quanto sulla questione della sua ortodossia che la Chiesa misura la propria fedeltà di Sposa di Cristo. Molto di più: non solo una Chiesa per i poveri, ma una Chiesa interamente povera. Tocchiamo forse qui il nodo più provocante per la nuova evangelizzazione: solo una Chiesa povera può diventare una Chiesa missionaria, e solo una Chiesa missionaria può esigere una Chiesa povera......
di Roger Etchegaray
 
cardinale, presidente emerito del Pontificio consiglio giustizia e pace
 (traduzione di Carla Cerati Mandel)