Il grido dei poeti ai piedi della croce
La Passio è con Iacopone alle origini della letteratura italiana e tema supremo per i grandi poeti del Novecento: da Eliot a Luzi
Roberto Mussapi
«Quando mi fu proposto di scrivere un testo per le meditazioni della Via Crucis ebbi, superata la sorpresa, un contraccolpo di vero e proprio sgomento. Ero invitato ad una prova ardua su un tema sublime. La Passione di Cristo – ce ne può essere uno più elevato? Non era solo un dubbio di insufficienza e inadeguatezza, era anche di più il timore che la mia disposizione interiore non fosse così limpida e sincera quanto il soggetto richiedeva. Non mi sentii di rispondere all’istante, né d’altra parte mi era richiesta tale prontezza».
Questo è l’inizio drammatico della premessa di Mario Luzi alla Passione di Cristo, quando l’opera gli fu richiesta da papa Giovanni Paolo II per l’occasione della Pasqua del 1999. Guardo ancora la foto del loro incontro, evento memorabile. Ma torniamo allo scritto. Le parole della Premessa fremono di tensione poetica e spirituale con furore paolino, mentre l’animo del poeta vive un tormento foscoliano. Sta già cercando la via. La poesia è un’indicazione di vita, segna le rotte, esiste prima del suo esito compiuto, prima dell’opera: «L’immaginazione già in moto mi prefigurò un testo poematico di cui Gesù fosse l’unico agonista. In un ininterrotto monologo Gesù nella tribolazione della Via Crucis avrebbe confidato al Padre la sua angoscia e i suoi pensieri dibattuti tra il divino e l’umano, la sua afflizione e la sua soprannaturale certezza […]. Il monologo è in corrispondenza con le stazioni tradizionali della Via Crucis e con i passi evangelici che la raccontano». Invitato dal grande papa drammaturgo e poeta, Luzi scrive uno dei suoi capolavori. Non tutto il suo teatro è, a mio parere, all’altezza assoluta della sua poesia. Perché Luzi non andava a teatro, non conosceva gli attori, le scene, i registi, il lavoro scenico. Ma qui, come con Ipazia, suo primo testo drammaturgico, raggiunge i vertici. Perché non sono due testi scritti per il teatro inteso come scena: il primo è un oratorio, voci al leggio, non personaggi; questo una voce nel teatro del mondo, Via Crucis.
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