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In guerra per l'oro e il mare

Madrid e Londra, le superpotenze che tra Cinquecento e Seicento si contesero il dominio sul mondo

​Nel 1989 lo scrittore inglese Anthony Burgess pubblicava una raccolta di racconti (intitolata The Devil’s Mode) fra i quali A Meeting in Valladolid, dove immagina un incontro fra William Shakespeare e Miguel de Cervantes nella Spagna dei primi anni del XVII secolo: in seguito al trattato anglo-spagnolo del 1604, i rapporti fra le due potenze a lungo nemiche sembrano potersi appianare e, come gesto di buona volontà, gli ambasciatori inglesi sono ricevuti a Valladolid insieme a un gruppo di teatranti che li accompagnano; fra questi vi è appunto Shakespeare, che viene invitato da Cervantes nella sua casa. Ma l’incontro non è dei più felici: come molti suoi compatrioti, Cervantes non vede di buon occhio la pace tra i due Paesi. Non offre al più giovane collega vino e neppure una sedia; per di più, a parte qualche parola di arabo, i due non riescono a comunicare in alcuna lingua comune. Sono evidentemente i rappresentanti di tradizioni ben distinte: Cervantes, che ha sofferto personalmente guerra e prigionia, e vi ha perso una mano, spiega che la Spagna si è forgiata nel caldo afoso e nella lotta contro i Mori, ma nonostante i drammi nazionali non è la tragedia a incarnarne lo spirito, bensì la commedia. Il che spiega la natura dei due protagonisti del Don Quijote, dei quali Shakespeare non ha mai sentito parlare sebbene debba constatarne l’immenso successo in tutto il Paese. Per contro, l’inglese si sente in confronto più ricco, meno provato dalla vita e per questo incapace di comprendere la natura rude del suo ospite e della terra che rappresenta; il che emerge chiaramente quando assiste a una corrida e ne esce nauseato. A sua volta, però, decide di mettere in scena il Titus Andronicus, la più brutale fra le sue tragedie (al punto che nell’Ottocento se ne contestava l’attribuzione) la cui violenza plateale, irrealistica come negli splatter movie contemporanei, non piace al pubblico spagnolo, che diserta lo spettacolo.

Nella realtà, Cervantes e Shakespeare hanno – per quanto è dato sapere – ignorato l’uno l’esistenza dell’altro, sebbene sia probabile che negli ultimi anni Shakespeare abbia saputo (e chissà, magari letto) della traduzione inglese del Don Quijote apparsa nel 1611; al quale molti collegano la composizione del Cardenio, ultima opera attribuita all’inglese e tuttavia andata persa, certamente ispirata da Cervantes. Comunque sia, il racconto di Burgess mette in scena, senza giudicare della superiorità dell’uno o dell’altro, il vecchio impero personificato da Cervantes e quello nuovo in ascesa incarnato da Shakespeare.

 
di Franco Cardini