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La fede del giardiniere

Tutto il creato ci è prossimo come nostro fratello,perciò siamo chiamati a far fiorire il Regno sulla Terra

​«Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Gen 2,7). L’uomo (‘adàm) è un impasto di terra (‘adamà) e di vento, un respiro divino (ruah) chiuso in un guscio d’argilla, quasi una lucerna o un flauto di creta che suona attraversato dal fiato di Dio. Con sulla pelle ancora il caldo dei polpastrelli di Dio, intento a sagomare non la terra, ma la sua parte più leggera e inconsistente: la polvere del suolo, per la quale è forza di coesione il fiato divino. soma di Dio e il gene della polvere intrecciati in modo indissolubile. Il giusto rapporto con la terra inizia dal riconoscerla come parte fondativa dell’essere. L’uomo non è solo terra, ma senza di essa non è; non vive di materia ma senza di essa non è in grado di comprendere se stesso.
«Il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2,15). La terra infatti non è dell’uomo, continua ad appartenere a Dio. L’uomo ne ha piuttosto la custodia, un servizio pasquale per la fioritura della vita. Coltivare ha la stessa radice di culto, esprime un’azione che è cultuale e sacerdotale nei confronti del giardino. Adamo che lavora e lavorando trasforma la terra, rendendola feconda e madre, diventa con-creatore della terra: la prima preghiera di Adamo è quella delle mani, mani di contadino e di giardiniere.
 
di Ermes Ronchi