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La musica dei mestieri

Il passaggio da società rurale a industriale ha cambiato il paesaggio d’Italia, anche nelle sonorità del lavoro quotidiano

​I silenzi vasti delle campagne prima dell’industrializzazione capillare dell’Italia rurale andavano poco a poco cedendo allo strepito delle macchine, in quel secondo dopoguerra che conosceva l’affievolirsi di tanti lavori manuali. Ogni tempo ha suoi rumori e mestieri. Ma quelli durati fino a poco oltre gli anni Sessanta del Novecento, per molta parte restavano i medesimi dei secoli precedenti. Dai più lievi – come il fruscìo della falce fienaia sui prati e il biascichio della filatrice alle prese con fuso e arcolaio – al clangore dei carri dalle ruote cerchiate di ferro lungo le strade bianche, al lento passo dei buoi, al sibilare dei ferri da cavallo incandescenti tuffati nell’acqua dal maniscalco, al chiocciare, tubare, grufolare, degli animali di bassa corte che impegnavano la massaia sull’aia. La natura, di tempo in tempo, aggiungeva di suo il desolante crepitio della tempesta, il chioccolio gentile della pioggerellina benefica, il soffio del vento sulle spighe: silenziose se l’aria faticava a smuoverle, tanto erano turgide, strepitante annuncio di carestia se scompigliava solo paglia e fusti senza chicchi.......
 
di Ulderico Bernardi