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Matera, pietra di paragone

La città dei Sassi, capitale europea della cultura 2019, è simbolo della possibilità di riscatto e originale luogo di dialogo tra antico e moderno

​«Lucania. Ma io ti chiamo Luceania, terra di luce». Così pensavo qualche mese fa, non ricordo più in quale mio viaggio in auto in quella terra vasta e ondosa di colline e invasa dalle albe. Luceania, una nostra Oceania di luce, che si incontra in strade che a tratti si perdono nel niente. Se traversi il ventre d’Italia, l’Irpinia, verso Canosa, poi devii giù e trovi la strada per Matera, ecco, lei, Luceania. Come una introduzione, una premessa, o forse meglio una promessa di un prodigio ancora più grande. La luce e la pietra che si sposano e quasi vedi crearsi l’una nell’altra: Matera.
 Fino a pochi anni fa ne sapevo poco o niente. Quel che ne sanno tutti. Un posto pieno di fascino, le grotte, la miseria e la riscossa, i set dei film...
Poi in un posto sperduto del Brasile, in una favela, mentre giravano con me in scena un film documentario su quelle realtà misere e illuminate dalla carità di alcuni, ho incontrato un artista, un fine artigiano scultore e creatore di fischietti e figure magiche. Quel ragazzo è di Matera, si chiama Vincenzo Melodia. E tra le baracche di Belo Horizonte ho sentito i racconti sulla grotta nei Sassi dove suo padre aveva il laboratorio di fischietti di terracotta. Lui ha continuato la bottega, ci ha provato. Lo andai a trovare.
Matera è dunque per me iniziata là tra favelados che vivono come si viveva in quelle grotte sessant’anni fa (e purtroppo in molti posti in Italia ancora). E appare, estremo prodigio della Luceania, facendo salire i suoi Sassi nelle grandi faglie, e le sue case sulla tenacia e la industriosità di uomini che inventarono sistemi di raccolta e scorrimento per l’acqua, che dipinsero pareti di grotta dove pregare e ripararsi. Nel grido del cielo terso. O nel freddo tagliente......
 
di Davide Rondoni