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Quando Goethe veleggiò sul Garda

La superficie del lago è il primo impatto del poeta con l’Italia Le limonaie, il vento, l’acqua, le città: tutto è meraviglia

​Inizia per acqua il viaggio di Goethe in Italia, attraverso un  paesaggio sublime misto di rupi e vasta superficie lacustre, allietato dalla golosità di frutti – fichi, pere, uva – incontrati lungo la via, con il richiamo di una sensuale abbondanza della natura oltre la quale vibra l’immagine dei limoni, assunta a forza di mito, che assimila il lago di Garda a scoperta della mediterraneità.
È il 13 settembre 1786, alle nove di mattina, quando Goethe si avventura con due rematori da Torbole, confine settentrionale del lago, in direzione sud. Vi era arrivato il giorno prima, di pomeriggio, da Rovereto, dove gli si offrì l’occasione di iniziare a esprimersi in italiano («ma come son felice, che questa lingua che io amo, sia d’ora innanzi la lingua viva, la lingua usata da tutti!») e da dove aveva progettato di arrivare a Verona. Ma non fu così. La scoperta del Garda l’avrebbe voluta condividere con gli amici, «per poter gioire della vista che mi sta innanzi! […] A pochi passi da me c’era questo maestoso spettacolo della natura, questo delizioso quadro che è il lago di Garda, e io non ho voluto rinunciarvi; mi trovo generosamente compensato d’aver allungato il cammino». Sorprende con quale fulmineità Goethe avesse compreso l’anima dei luoghi, cogliendone gli aspetti fisici e antropologici, raccontati nella cristallina sintesi letteraria del Viaggio in Italia, della cui pubblica.
La direzione dei venti è oggetto di attenta annotazione, è di notte che il vento inizia a soffiare da nord a sud, cambiando rotta nelle prime ore del mattino. Per questo la barca partita da Torbole scivola favorevole e per un tratto con le vele spiegate, transitando davanti a Limone, «i cui giardini disposti sul declivio del monte a guisa di terrazze e piantati a limoni, offrono uno spettacolo di abbondanza e accuratezza a un tempo». Giardini che ispirarono a Goethe il celebre canto di Mignon nel Faust. «Conosci la terra dei limoni in fiore, / dove le arance d’oro splendono tra le foglie scure, / dal cielo azzurro spira un mite vento, / quieto sta il mirto e l’alloro è eccelso, / la conosci forse? / laggiù, laggiù io / andare vorrei con te, o amato mio!» La descrizione delle limonaie, all’epoca del viaggio assai numerose lungo la sponda bresciana del Garda, ne segue l’affascinante architettura, finalizzata alla coltivazione degli agrumi in piena terra, consentendone nel contempo la protezione invernale per il riparo dal freddo: quella del Garda fu la coltivazione di limoni più a nord d’Europa.

di Costanza Lunardi