Luoghi dell' Infinito > Quel volto buono amato dagli artisti

Quel volto buono amato dagli artisti

A partire dal conterraneo Manzù, molti scultori e pittori sono rimasti affascinati dalla figura di Roncalli. Che a sua volta era un amante dell’arte

​Piccole tracce, sì. Ma che testimoniano, tra i tanti interessi culturali, soprattutto per la storia, anche una certa predilezione per l’arte. Uno sguardo, quello di Angelo Giuseppe Roncalli, rivolto soprattutto agli esempi più significativi della Biblia pauperum, composta da tanti autori di diversa levatura, ma intenzionati a educare alla fede; e consapevole di una bellezza espressa lungo venti secoli di cristianesimo, attraverso affreschi, pitture, mosaici, arazzi, sculture, soluzioni architettoniche.

Attratto dai tesori artistici e dai monumentali edifici della sua Bergamo, sin da giovane seminarista il futuro papa imparò anche a leggerli, sostando – nelle passeggiate tra le viuzze della città alta – innanzi a quel gioiello in piazza del Duomo che è il battistero del XIV secolo disegnato da Giovanni da Campione, del quale lo colpivano all’esterno – nelle nicchie dei pilastri – le figure simboliche delle virtù teologali e cardinali mai dimenticate: fede, speranza, carità, fortezza, giustizia, prudenza, temperanza, alle quali si aggiunge la virtù della pazienza. Non solo. Si resta un po’ sorpresi, scorrendo il suo testamento redatto tra il 1939 e il 1944 (poi superato), nel leggere disposizioni dove scriveva di voler lasciare in eredità «al vescovo di Bergamo la grande tela Madonna con il Bambino e san Giovannino che acquistai dall’antiquario Ceresa, e l’altra tela, pure eccellente e di eguale provenienza, Sant’Alessandro martire con il Bambino che sorregge il piatto con fiori, nonché il piccolo intarsio del fra Topolino riproducente il beato Gregorio Barbarigo», oppure «al seminario di Bergamo il ritratto piccolo su tavola del pittore Spinelli rappresentante mons. Radini Tedeschi», «ai Preti del Sacro Cuore […] il ritratto grande su tela e sotto lastra di mons. Radini Tedeschi del pittore Luzzana», «ai tre fratelli Zaverio, Giovanni e Giuseppino uno per ciascuno dei tre quadri più grandi della Madonna che sono a Camaitino, dipinti in tela».

Certo, ripercorrendo tutta la biografia roncalliana troveremmo molte altre testimonianze del suo rapporto con l’arte, cogliendolo commosso innanzi alle icone orientali dalla Bulgaria alla Grecia, ai capolavori d’arte e di pietà nelle cattedrali e abbazie di Francia, ma anche esitante o perplesso davanti ad alcune opere esposte alla Biennale di Venezia quando era patriarca sulla cattedra di San Marco. Figlio del suo tempo, legato a un’idea dove almeno l’arte sacra doveva tenere in conto esigenze di liturgia e catechesi, oltre al buon senso (resta emblematica la “querelle veneziana dei plutei”, ossia le lastre marmoree del transetto dell’iconostasi della basilica di San Marco, realizzate da Iacobello e Pierpaolo Dalle Masegne nel 1394, per le quali suggeriva l’adozione di un congegno tecnico in grado di consentirne l’abbassamento temporaneo e reversibile durante le celebrazioni), Roncalli seppe però immaginare e desiderare anche un nuovo incontro delle arti e degli artisti con gli uomini di Chiesa......

di Marco Roncalli