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Rinascere a Istanbul

Migliaia di anni di storia e di sogni animano la nuova primavera della città dei due continenti

​Istanbul, Costantinopoli, Bisanzio, non v’è città più evocativa di questa. E come tutte le città vere è difficile abbracciarla con uno sguardo, difficile averne un’idea sintetica. È uno di quei posti che vi sfugge e vi affascina allo stesso tempo. Gli occhi fanno fatica di fronte all’incredibile ricchezza di vedute, di scorci, di particolari. Vi viene una voglia fisica di conquistarla, di saperla nei suoi dettagli, di riuscire a vivere nei suoi meandri e ad avere dentro di essa dei punti di riferimento. Per me è diventata negli ultimi tre anni una specie di ossessione. Ci arrivavo e mi rendevo conto ogni volta di essere inadeguato. Mi piegava la sua complessità, restavo impressionato dalla sua bellezza come dalla sua bruttezza nelle immense periferie, ero incantato dalle pendenze impossibili di Beyoğlu come dalla estensione interminabile dei quartieri nell’area asiatica. Mi addormentavo nel taxi che mi conduceva dall’aeroporto di Sabiha Gökçen e quando mi risvegliavo mi trovavo circondato da una sfilza di quartieri e di minareti di pessima fattura, ma poi a una curva mi appariva il mar di Marmara, le isole dei Principi, una sfilza di navi in attesa. Istanbul è una città di ventitré milioni di abitanti, una dimensione a cui noi europei non siamo abituati. In questo senso è asiatica al pari di Pechino, di Giacarta, di Mumbai. Ma allo stesso tempo è terribilmente romana, è la seconda Roma e lo si sente ancora. Questa è una capitale di impero......

di Franco La Cecla