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Storie e leggende di ricchezza amara

L’area costiera della Toscana è stata a lungo sinonimo di fatica e pericolo.Ma le sue vicende sono lunghe e complesse: dagli etruschi ai grandi santi

​«Tutti mi dicon Maremma Maremma / e a me mi pare una Maremma amara, / l’uccello che ci va perde la penna, / io ci ho perduto una persona cara. / Sia maledetta Maremma Maremma, / sia maledetta Maremma e chi l’ama; / sempre mi trema il còr quando ci vai / perché ho paura che non torni mai. / Sempre quando ci vai mi trema il còre, / perché ho paura di perder l’amore».
Sono parole struggenti e disperate, cantate nell’Ottocento sull’aria triste di una canzone dei coscritti di Napoleone, «Partirò partirò / partir bisogna / dove comanderà nostro sovrano». Era un canto che, proprio come quella canzone, accompagnava gli esuli involontari verso una meta pericolosa eppure inevitabile. La Maremma come la guerra. Terra di aria insalubre, di morbi letali, di malaria, di pellagra (la malattia che colpiva chi si fosse alimentato quasi esclusivamente di farina di mais, cioè di “polenta”), di paludi insidiose, di briganti. Le interiezioni più comuni e violente della gente toscana, a un passo dalla bestemmia, ne sono testimoni: “Maremma cane!”, “Porca Maremma!”, “Maremma ladra!”, “Maremma boia!”.
Eppure, terra ricca dov’era necessario andare. Vi si recavano anzitutto i mandriani che stagionalmente, ai primi dell’autunno, s’incamminavano dalle alture toscoromagnole del Pratomagno diretti verso il litorale tirrenico (esattamente come i pastori d’Abruzzo cantati da Gabriele D’Annnuzio scendevano dai pascoli alti dell’Appennino lungo gli antichi tratturi alla volta dell’«Adriatico selvaggio») per condurre le bestie a svernare appunto in Maremma e riportarle poi, venuta la primavera, sui monti. Durante il viaggio autunnale, arrivati a metà strada, i mandriani toscani si davano convegno a metà ottobre attorno a un celebre santuario mariano a sud di Firenze, la Madonna dell’Impruneta. Era un luogo arcano, perfino pauroso, sede fino dall’antichità di un culto dedicato a una divinità femminile delle acque sotterranee cui avevano fatto riferimento etruschi e romani. Più tardi, secondo la leggenda, da un antico pozzo sarebbe affiorata in quei paraggi un’icona mirabile della Vergine Maria dipinta dall’evangelista Luca. E difatti nel giorno della solennità liturgica di quel santo, il 18 ottobre, all’Impruneta si celebrava una grande fiera alla quale conveniva tutta Firenze e dintorni. Un celebre pittore e incisore del Seicento, Jacques Callot, ha dedicato a quell’evento alcune acqueforti di straordinaria bellezza e di valore tanto estetico quanto documentario. La Madonna dell’Impruneta era, con le sue colleghe della Santissima Annunziata e di Orsammichele, la copatrona di Firenze.

di Franco Cardini