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Trinità, una eterna storia d’amore

Nella Croce non solo si compie la salvezza ma si rivela per intero la gloria del Dio uno e trino

Robert Campin, Trinità (1433-1435), olio su tavola. San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage (Scala).

Robert Campin, Trinità (1433-1435), olio su tavola. San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage (Scala).

La rappresentazione della Trinità nell’iconografia cristiana offre una vera e profonda teologia per immagini. Lo si coglie anzitutto nella tradizione occidentale della raffigurazione della Croce, dove la Trinità è spesso rappresentata mediante l’immagine del Crocifisso sostenuto dalle mani del Padre, mentre la colomba dello Spirito separa e unisce al tempo stesso l’Abbandonante e l’Abbandonato (si veda ad esempio la Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella a Firenze e il motivo del Trono delle Grazie - Gnadenstuhl nella tradizione germanica). Quest’immagine è la traduzione iconografica della profonda idea teologica che vede nella Croce il luogo della rivelazione della Trinità, idea presente sin dagli inizi del cristianesimo come dimostra non solo il grande spazio dato al racconto della Passione nell’annuncio delle origini, ma anche la struttura teologica che soggiace alle sue stesse narrazioni.

È possibile cogliere questa struttura nel ritorno costante, certamente non casuale, del verbo “consegnare” (“paradídomi”, in greco): le ricorrenze consentono di distinguere due gruppi di “consegne”. Il primo è costituito dal succedersi delle “consegne” umane del Figlio dell’uomo. Il tradimento dell’amore lo mette nelle mani degli avversari: «Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù» (Mc 14,10). Il Sinedrio, custode e rappresentante della Legge, consegna colui che considera il bestemmiatore al rappresentante di Cesare: «Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato» (Mc 15,1). Questi, pur convinto dell’innocenza del prigioniero – «Che male ha fatto?» (Mc 15,14) – cedendo alla pressione della folla, sobillata dai capi (15,11), «dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso» (15,15). Abbandonato dai suoi, ritenuto un bestemmiatore dai signori della Legge e un sovversivo dal rappresentante del potere, Gesù va incontro alla morte: se tutto si fermasse qui, la sua sarebbe una delle tante ingiuste morti della storia, dove un innocente rantola nel suo fallimento di fronte all’ingiustizia del mondo. La fede della Chiesa nascente sa, però, che non è così: per questo essa ci parla di altre tre misteriose consegne...... 

di Bruno Forte

 teologo, arcivescovo di Chieti-Vasto