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Il Gloria di Vivaldi

​«Quello che rende questo Ospedale tanto famoso è la musica per strumenti, che sono proprio eccellenti e ancora più rari, già che sono suonati da ragazze e da nessun uomo»: le parole annotate sul diario di Federico Cristiano, principe elettore di Sassonia, riportano lo stupore e il compiacimento provati, parimenti a molti altri illustri viaggiatori dell’epoca, nell’assistere a uno dei celebri intrattenimenti musicali che la città di Venezia offriva nel primo Settecento presso l’Ospedale della Pietà. Appuntamenti che costituivano il fiore all’occhiello dell’attività formativa e ricreativa delle orfanelle accolte presso il Pio Istituto della Serenissima, alle quali Antonio Vivaldi (1678-1741) ha dedicato i frutti più maturi della sua fertile produzione compositiva.
Nel ruolo di “Maestro di Choro”, il musicista veneziano doveva far fronte ogni anno anche a una cospicua mole di impegni e commissioni: «Fare due messe e due vesperi nuovi – almeno per le Feste di Pasqua e per la solennità della Visitatione della Beatissima Vergine – fare almeno due mottetti al mese e qualunque altra compositione venisse ordinata nella settimana Santa, e in caso degli officij di funerali...».
Nonostante tale grande quantità di incombenze, è giunto fino ai nostri giorni un numero di partiture sacre relativamente esiguo, in grado però di offrire una panoramica della fantasiosa varietà di soluzioni armoniche e timbriche che rivelano tutta l’abilità del compositore veneziano nell’affiancare con assoluta naturalezza l’apparente semplicità e immediatezza delle linee melodiche – in certi casi risolte in vere e proprie arie da melodramma – a un discreto ma solido ordito contrappuntistico, sempre mosso da continui cambiamenti ritmici.
In questo senso risultano emblematici i due adattamenti del Gloria, pagine che sprigionano un’esuberante carica di gioia e di energia vitale, una spinta dinamica apparentemente inarrestabile, un gusto per la varietà del colore strumentale. Caratterizzata da una cifra più intima e riflessiva appare l’impronta creativa del Gloria RV 588, il cui sontuoso affresco musicale trova nei due passi estremi i momenti di maggiore intensità espressiva: nella parentesi di intensa emozionalità dell’Et in terra pax, anticipazione terrena della gloria celeste, e nel finale Cum Sancto Spiritu, dove una grandiosa fuga è chiamata ad apporre un sigillo di austera solennità. Il più celebre Gloria RV 589 presenta un organico oltremodo sfarzoso, che marchia a fuoco il carattere di giubilo dei dodici movimenti in cui è articolata la partitura: i solisti sono due soprani e un contralto, con coro a quattro voci, archi, basso continuo e il rinforzo di oboi e trombe. Nell’alternanza quasi drammaturgica tra episodi folgoranti (il Gloria in excelsis Deo iniziale, poi ripreso nel Quoniam tu solus Sanctus) e suggestivi intermezzi meditativi (il cullante Domine Deus, Rex caelestis e il commovente Domine Deus, Agnus Dei) si celebra l’apoteosi dello stile compositivo di Vivaldi: originale, estroso ed estremamente vivace, straripante di continue sorprese da portare sulla ribalta del “teatro degli affetti” della Serenissima, dove la dimensione sacra e quella profana si trovano naturalmente congiunte nella più profonda identità culturale della città.

di Andrea Milanesi