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Caravaca, festa della croce

Nel 1231 un miracolo segna la storia della cittadina spagnola che quest’anno festeggia il Giubileo

​Caravaca è festa mobile. Sì, perché questo paese medioevale in terra di Murcia, circondato da colline dove i boschi si alternano a terre deserte, a inizio maggio si mette tutto in movimento: per cinque giorni un intero popolo si riversa in strada nel segno della croce. Fede e tradizione esplodono nella gioia incontenibile della festa. Processioni, cavalli, musica: con gli abitanti di Caravaca, in ricchi e coloratissimi costumi, a impersonare – da generazione in generazione secondo la peña (contrada) di appartenenza – le genti musulmane e cristiane che si sono combattute per secoli in questa terra di confine con l’antico regno di Granada. All’origine di tutto, un evento accaduto ottocento anni fa, eppure sempre presente nella vita di questo paese. Nel 1231 il re moro Ceyt Abuceyt, dopo aver conquistato la fortezza di Caravaca, vuole sapere quali sono i mestieri dei cristiani fatti prigionieri. Tra questi c’è don Gínes Pérez de Chirinos, che cerca di spiegare il “lavoro” del sacerdote: la celebrazione della Messa. Il sovrano incuriosito vuole assistere alla consacrazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo. Il prete, dopo aver chiesto il necessario per la celebrazione eucaristica nella cappella del castello, si accorge che manca la croce e dice di non poter proseguire. Il re furibondo lo minaccia di morte ed ecco due angeli apparire da un finestrone e posare la santa Croce sull’altare. Il miracolo porta alla conversione del sovrano e del suo esercito. Ma non rimane relegato nella storia o nella leggenda: diventa il cuore stesso di Caravaca e della sua gente. La vera Croce e la Reconquista fanno del paese quasi una cittadella monastica: numerosi conventi e abbazie sorgono a opera di ordini religiosi; santa Teresa d’Avila fonda un monastero; san Giovanni della Croce si reca sette volte nel monastero dei carmelitani e la sua piccola stanza è meta di devozione. Nel 1392 una Bolla di papa Clemente VII concede indulgenze a Caravaca, che diventa così un importante centro di pellegrinaggio. Da allora i pellegrini non hanno mai smesso di giungere al santuario per implorare la grazia: grazia di guarigione, ma più ancora luce sulla propria vita e sulla chiamata che il Signore ha per ciascuno. Eppure la storia luminosa di Caravaca ha rischiato di interrompersi: nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1934, durante il travagliato periodo della Repubblica, il reliquiario con i frammenti della vera Croce sparisce misteriosamente. Ma la devozione e i pellegrinaggi non si interrompono, e questo spinge Pio XII, nel 1942, a donare un frammento del Sacro Legno venerato a Roma, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme; nel 2006 un secondo frammento viene donato dalla Custodia di Terra Santa. «Così viene ricomposta la sacra reliquia – dice l’hermana mayor (sorella maggiore) Elisa Gimenéz-Girón Marín, prima donna a diventare responsabile della Real Cofradía de la Santísima y Vera Cruz de Caravaca –. La Cofradía [Confraternita] succede ai cavalieri templari e all’ordine di Santiago come custode della reliquia. Siamo seimila membri: ci occupiamo del santuario e ci impegniamo perché crescano la conoscenza e l’amore per il Sacro Legno».

di Giovanni Gazzaneo