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Carpi; c'è aira di Roma in terra padana

Restaurato dopo il terremoto del 2012, ha riaperto il duomo progettato da Baldassarre Peruzzi a inizio Cinquecento

​Gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, che hanno colpito duramente la bassa padana lungo la direttrice del Po, non hanno risparmiato l’area di Carpi, causando rovine e danni.
La città, che con i suoi settantamila abitanti è tra i maggiori centri del territorio per storia, patrimonio artistico e attività industriale, ha risentito degli effetti del sisma. Anche la chiesa cattedrale dell’Assunta, già provata dai terremoti del 1986 e 1996, ha subito il crollo parziale della cupola e delle volte e la lesione degli apparati ornamentali, pur rimanendo salda nelle strutture. Ora, dopo quasi cinque anni, i lavori di ripristino sono terminati e il principale edificio sacro della diocesi è stato riaperto al culto dal vescovo della città, monsignor Francesco Cavina.
La storia della comunità ecclesiale di Carpi ha radici antiche che risalgono all’VIII secolo, in epoca longobarda, e alla fondazione della pieve di Santa Maria, che nel XII secolo, per la fedeltà dimostrata a Matilde di Canossa e ai poteri pontifici, diviene autonoma dal vescovo di Reggio Emilia e direttamente dipendente da Roma. La pieve, in parte superstite nelle forme romaniche, riceve prerogative di collegiata, poi di commenda della famiglia feudale, i Pio di Savoia. Tra Quattro e Cinquecento, nel breve spazio di due decenni, Alberto III Pio imposta la trasformazione urbanistica e l’abbellimento della città favorendo la costruzione di emergenze monumentali, civili e religiose, che attribuiscono prestigio al potere signorile nel piccolo ma autonomo Stato di cui Carpi è la capitale. Il mecenatismo di Alberto Pio, letterato e umanista, presente a Roma in qualità di ambasciatore imperiale al tempo di Giulio II e Leone X, è permeato della cultura bramantesca, dell’arte di Raffaello e del gusto architettonico classicheggiante di Baldassarre Peruzzi. E così gli edifici civili e religiosi realizzati a Carpi risultano innovativi rispetto al procedere tradizionale della cultura tardogotica padana.
Alla trasformazione voluta da Alberto non rimane estranea la pieve di Santa Maria, resa cadente dal tempo e insufficiente alle necessità di culto della popolazione. Suggestionato dall’imponenza delle opere formali dell’architetto, proprio a Baldassarre Peruzzi il principe commissiona la progettazione della nuova chiesa.

di Alfonso Garuti