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Deserti, dal sahara alle metropoli

​Tanto affascinanti quanto spaventose, le immagini delle città completamente prive di vita hanno fatto il giro del mondo. Abbiamo scoperto che il deserto può essere più vicino di quanto si pensi, e che è una condizione prima ancora che un luogo. Le pagine del numero 253 di “Luoghi dell’Infinito”, il mensile di arte, cultura e itinerari di “Avvenire”, in edicola da martedì 1 settembre, intendono riscoprire le tante versioni, immagini e idee di deserto, spazio illimitato, solitario e rivelatore che ha così affascinato la civiltà umana. Una metafora insuperabile, così vasta da poter contenere tutto nel suo nulla. Perché, come dice il Piccolo Principe all’aviatore Antoine de Saint-Exupéry, «ciò che rende bello il deserto è che da qualche parte vi è nascosto un pozzo».  Il numero è aperto da due editoriali. Nel primo la storica dell’architettura Maria Antonietta Crippa passa in rassegna la fortuna recente del deserto come luogo spirituale, anche quando è cittadino; nel secondo il poeta Guido Oldani osserva il deserto come condizione esistenziale propria della contemporaneità. Ad aprire lo speciale vero e proprio è il cardinale Gianfranco Ravasi, che racconta il deserto come un habitat naturale della Bibbia, luogo della storia e della rivelazione divina. Lo storico Franco Cardini rievoca invece l’epopea della nascita del monachesimo, che nelle sue diverse forme mosse i primi passi nel III secolo proprio nei deserti dell’Egitto. A un moderno padre del deserto, Charles de Foucauld, è dedicato l’inedito di Anna Maria Cànopi.  I padri del deserto e de Foucauld hanno vissuto in luoghi unici, spettacolari ed estremamente differenziati: li scopriamo con Andrea Semplici, che ripercorre i molti mondi dell’universo Sahara. Una voce in controtendenza è quella del poeta Roberto Mussapi, il quale esplorando il deserto nella poesia lo scopre non spazio di rivelazione ma terra desolata e transito di dolore. L’ultima parte dello speciale è dedicato all’esperienza contemporanea delle città desertificate dal coronavirus. Le raccontano Leonardo Servadio, raccogliendo le voci di architetti e urbanisti, e Federico Geremei, che rievoca con nostalgia i non-luoghi. Infine il deserto aperto sul mondo della cella del monaco, nell’esperienza della carmelitana Maria Cristiana Dobner. Due i testi nella sezione Arte&Itinerari. Il primo è l’omaggio di Antonio Paolucci a Raffaello Sanzio nel quinto centenario dalla morte. Il secondo è una riflessione di Paolo Bolpagni sul tempo presente segnato dalla pandemia, a partire dalla lezione di Chaplin: coraggio e immaginazione.
Infine le rubriche di Mario Botta, Maria Gloria Riva, Andrea Milanesi, Silvano Petrosino, Maria Emmanuel Corradini, Paolo Benanti, Antonia Arslan.