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Ma la Risurrezione non è una favola

Con la consueta arguzia logica G.K. Chesterton smonta i paragoni tra fiabe e Vangeli

​Gilbert Keith Chesterton


Non molto tempo fa quando è scoppiata la polemica sull’affascinante libro di Frank Morison intitolato Chi ha rimosso la pietra?, che può essere ben descritto, con tutto il rispetto, come un giallo divino o un thriller teologico, un combattivo giornale londinese ne ha parlato in un modo che mi ha colpito molto. Il giornalista ha scritto che chi crede nella resurrezione potrebbe, allo stesso modo, credere alla lampada di Aladino. Non avevo idea di cosa volesse dire. E forse non ce l’aveva neanche lui. Ma questa curiosa associazione di idee mi ha fatto venire in mente una riflessione fatta recentemente dallo scrittore Christopher Dawson su ciò che potremmo chiamare la storia della scienza. Al riguardo, il punto sollevato dal combattivo giornale mi sembra non abbia alcuna qualità al di là della vis polemica. Non vi è nessuna connessione logica tra il credere in un evento miracoloso e pensare che un racconto fantastico sia basato su un fatto realmente accaduto. Il paragone tra il miracolo evangelico e la fiaba delle Mille e una notte è il più infelice che si possa immaginare. Nel primo caso vi sono ragioni valide per credere che il fatto si sia verificato, o almeno si asserisce che sia avvenuto. Nel secondo caso è del tutto chiaro che una fiaba non solo si basa su fatti inventati, ma non ha neanche la pretesa di sembrare vera.
Per quanto riguarda la resurrezione tutti potrebbero chiedersi, a parte gli apostoli, che ne è stato di quel corpo, che fine abbia fatto. I seguaci di Gesù avrebbero potuto nasconderlo per fingere un miracolo, ma è ben difficile immaginare persone disposte a farsi torturare e uccidere per un miracolo fasullo. Quindi la testimonianza degli apostoli sembra essere attendibile. Al contrario, nel caso della fiaba araba tutto suggerisce che si tratti di un’invenzione letteraria. Nelle Mille e una notte è l’autore stesso a dirci che queste fiabe vennero raccontate da una donna con l’unico fine di intrattenere il re e, distraendolo, evitare di essere decapitata. Nei Vangeli abbiamo dei testimoni che affermano non solo che quel fatto è realmente accaduto, ma che sono disposti a perdere la vita per dimostrarne la veridicità. Preferiscono la morte alla negazione della verità. Nella fiaba invece abbiamo una cantastorie che, nel tentativo di non farsi giustiziare, ha dei buoni motivi per inventarsi eventi eccezionali. Se Giovanni il Battista, per evitare di essere decapitato e attirare l’attenzione di Erode, avesse inventato una lunga serie di leggende messianiche o protocristiane, non avrei preso in considerazione come veritiero un suo eventuale “mito della resurrezione”. Ma visto che gli apostoli vennero uccisi per aver proclamato la resurrezione, penso che la loro testimonianza non possa essere paragonata a quella della (...)