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Lo spirito di geometria della carta

​di Franco Farinelli

A metà Settecento l’Encyclopédie di D’Alembert e Diderot fissa la distinzione tra cammino, strada e via. “Via” indica il modo in cui si procede, e può essere di terra e di mare. “Strada” comprende l’insieme dei luoghi attraverso i quali occorre passare per recarsi da una località all’altra: da Parigi a Lione si transita per la strada di Borgogna o per quella del Nivernese. “Cammino” indica infine la lista di terra sulla quale si procede lungo la propria strada. Tale sistema di differenze riprende il discorso tenuto nel 1745 da Cesar François Cassini de Thury davanti all’Accademia Reale delle Scienze di Parigi sulla necessità di una descrizione geometrica della Francia.
Le carte antiche, spiega il Thury, erano piene di errori, dovuti al fatto che erano state realizzate seguendo “strade” molto diverse tra loro. Alcuni si erano accontentati di stimare le distanze attraverso il tempo impiegato per spostarsi da un luogo all’altro. Altri avevano effettivamente misurato, con la corda, il “cammino”. Altri ancora avevano eseguito una sorta di rudimentale triangolazione, avevano cioè ridotto la regione a un insieme di triangoli e preso indirettamente le misure, fidando su quel che dimostra Euclide: che per conoscere tutti i valori di un triangolo basta conoscere un lato e due angoli. Ma tali angoli erano stati fino ad allora calcolati soltanto con la bussola, e senza alcun riguardo per la declinazione magnetica, con il complessivo risultato di grossolani errori, che conducevano a scarti anche di 30 gradi rispetto all’andamento esatto dei meridiani, e che mantenevano la geografia in una «specie di oscurità» di cui s’aveva coscienza soltanto «a misura che si tentava di rischiararla». La qual cosa, sempre a detta di Thury, era quanto mai urgente, perché  «senza la conoscenza esatta dell’estensione, dei limiti e della posizione dei diversi luoghi» del regno riusciva «difficile prendere misure certe per un grande numero di progetti utili allo stato e al commercio, come, tra gli altri, la costruzione di nuove strade, di nuovi ponti e argini, di nuovi canali atti a facilitare il trasporto di derrate e mercanzie da una provincia all’altra», prevenendo così la carestia e procurando l’abbondanza attraverso l’incremento di traffico e comunicazioni.
Perciò, per stabilire con precisione la Carta generale di Francia, il Thury proponeva la “via geometrica”, la generalizzazione dello stesso metodo già impiegato da suo nonno Giovanni Domenico Cassini nell’ultimo quarto del Seicento per la “descrizione” del meridiano di Parigi: il meridiano che passava per l’Osservatorio astronomico e che nel 1683 Colbert, il potentissimo ministro del Re Sole, gli aveva affidato perché lo prolungasse «fino ai due mari», cioè da Dunkerque sul Mare del Nord sino a Perpignano sul Mediterraneo, in maniera da poter meglio accertare la lunghezza del grado terrestre.
Di fatto una volta condotta a termine l’impresa le dimensioni di quest’ultimo divennero otto volte più precise. Ma la funzione della grande, rettilinea traversa perpendicolare all’estensione del regno, segnalata da marche permanenti evidenti sul terreno in modo tale che dall’una si scorgesse l’altra, fu anche ben altra che l’accertamento della figura del nostro pianeta. Per un verso si trattava di una linea astratta, geodetica come si dice, perché ogni punto di cui si componeva era il risultato di osservazioni astronomiche proiettate sulla faccia della Terra. Ma allo stesso tempo proprio tale linea astratta, prima base per la prima triangolazione effettivamente geometrica dell’intero reame, divenne l’asse per la trasformazione secondo il codice spaziale (secondo cioè la sintassi della rettilinearità e dell’ortogonalità) di tutto il territorio francese, trasformazione di cui la Carta che in tal modo diveniva finalmente possibile era allo stesso tempo veicolo e specchio, agente e risultato. Come spiega il capostipite della dinastia astronomica-cartografica dei Cassini, con un’espressione che è la più efficace per intendere la natura dello spazio: il problema consiste nel «ridurre a legalità le ineguaglianze del terreno», dove per “legalità” bisogna intendere regolarità, cioè continuità, omogeneità, isotropismo.
Le linee lossodromiche della mappa di Mercatore erano linee rette che esprimevano rotte potenziali, subito cancellate dal mare una volta percorse. Dalla Carta generale di Francia dei Cassini, la prima rappresentazione scientifica della faccia della Terra, derivarono invece tutti i materiali e rettilinei assi che ancora esistono, e i cui tratti hanno costruito ovunque il volto del territorio moderno, il nostro. E che fecero della Francia il primo Stato moderno.