Non solo i viaggi, né soltanto l’essersi trovato al centro di un crocevia unico nella storia delle arti europee, non l’apprendistato né la supposta invenzione del colore a olio riescono a spiegare il segreto di un artista che, nell’arco breve di pochi decenni, sprigiona alcuni tra i sommi capolavori della pittura europea. Nato a Messina verso il 1430 da padre marmorario, si formò tra Napoli e la Sicilia: la città di messina era allora una tappa obbligata della cosiddetta “muda de fiandra”, un servizio di mercantili veneziani che una o due volte all’anno congiungevano diverse città marinare. Le navi che si rifornivano nel porto di messina univano venezia a bruges e a Londra. Così, pare, antonello giunse a venezia. Allievo di colantonio, maggior artista napoletano della generazione procedente, antonello aveva potuto conoscere le collezioni della corte angioina che radunavano pittura fiamminga, spagnola e provenzale.
Viaggiò a Napoli, Venezia, Milano, Roma, Urbino, fino ad acquisire una conoscenza stratificata e complessa che lo porterà a diventare uno dei protagonisti di quella straordinaria invenzione che fu il rinascimento italiano. Terza mostra dedicata ad antonello da messina negli ultimi sessant’anni, la rassegna ospitata al mart di rovereto inserisce la sua figura all’interno di quell’incontro di eventi e uomini che unì l’europa del nord a quella del sud, la frontalità ieratica dell’appena passato gotico alla morbidezza palpitante del colore a olio, l’eleganza algida delle corti delle fiandre alla solennità cattolica delle città del sud e a piero della francesca, oggi riaffermato – come fece Roberto Longhi nel 1914 – quale il maestro ideale di Antonello. L’esposizione si completa quindi di una ricca scelta di coetanei e maestri, vicini e lontani, Jan Van Eyck e Antonio da Fabriano, lo stesso Colantonio e Bellini, Alvise Vivarini e Zanetto Bugatto.
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