Il paradiso di Masaccio

di Guido Beltramini Davide Gasparotto Stefano Tura

In mostra a Padova la collezione del cardinale letterato, suoi "arnesi" nella riscoperta della classicità

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Può sembrare una scommessa azzardata organizzare una mostra d’arte centrata sulla figura di un letterato. Ma Pietro Bembo non è solo il legislatore della lingua italiana, l’autore degli Asolani (1505) e delle prose della volgar lingua (1525), ma anche il collezionista, l’amico di Raffaello e Sansovino, il testimone d’eccezione di una stagione cruciale dell’arte italiana.

La mostra "Pietro Bembo e l’invenzione del rinascimento" riporta a Padova le opere che Bembo riunì nella propria casa nella colta città universitaria, dove egli abitò per quasi vent’anni fra il 1521 e il 1539. Il prestigio del Bembo letterato e la singolarità della sua collezione fecero sì che essa divenisse meta di numerosi ed illustri visitatori: la casa divenne, nelle parole dei contemporanei, tempio sacro a minerva, albergo dei virtuosi, vero e proprio musaeum.

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