Avevamo il sogno di andare a oslo. non di raggiungere il capo nord o di incontrare i misteriosi nomadi della lapponia. volevamo proprio oslo, capitale della norvegia. Stoccolma non ci era piaciuta molto. bella ma fredda, come freddi e distanti ci erano parsi gli abitanti. Eravamo rimasti per un’ora ad aspettare il nostro turno in un’affollata panetteria, senza che nessuno si degnasse di indicarci la macchinetta coi numeri per essere serviti.
Le chiese erano grandi e vuote, gli altari spogli; le grandi costruzioni moderne ci sembrarono prive di vita, inni all’umano orgoglio.la norvegia invece ci sedusse, col calore e la gentilezza dei suoi abitanti, le calde stavkirken (chiese di legno), l’ospitalità del pastore che ci vide in chiesa e ci invitò a prendere il tè con la sua famiglia (e noi facemmo grande onore alle torte squisite della pastora). era primavera avanzata, la neve si stava sciogliendo dappertutto, i musei riaprivano, e un sole pallido ma tenace riempiva le strade di gente.
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