I volti di Seul, fenice coreana

di Alessandro Gandolfi

Energia e voglia di futuro animano la capitale della Corea del Sud Ma non mancano le contraddizioni

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​Nel centro di seul c’è un fiume azzurro e viola che di notte si popola di amanti. non solo. le luci colorate illuminano le famiglie, i bambini giocano con l’acqua delle cascate, i giovani cantanti rallegrano l’atmosfera. Si chiama cheonggyecheon ed è l’angolo più affascinante della capitale coreana, molto più interessante delle pagode nei parchi reali di gyeongbokgung o degli arditi grattacieli di gangnam.

Il cheonggyecheon è un vecchio torrente sul quale anni fa passava una strada asfaltata: il cemento è stato tolto, il corso d’acqua ripristinato e il fiumiciattolo ha ricominciato a scorrere placidamente. Così è diventato un angolo urbano incantevole, simbolo di una metropoli che sa gestire sapientemente i propri spazi. Emblema di una città sempre più alla moda che tende sì verso il nuovo (si pensi ai razionali spazi del museo leeum o all’incredibile università femminile ewha, disegnata dall’architetto dominique perrault) ma sa conservare gelosamente un passato vecchio di quindici secoli. 

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