L’imperatore e il suo cavallo

di Antonio Paolucci

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​La Roma imperiale era gremita di statue di bronzo; immagini di imperatori, di generali, di dei. lo stesso accadeva, sia pur in proporzioni infinitamente minori, nelle capitali dell’ecumene romanizzato, in britannia come in africa, in spagna come in siria. di queste opere poche sono sopravvissute. più della damnatio memoriae di imperatori deposti e uccisi (nerone, caligola, domiziano), più delle invasioni barbariche e della iconoclastia cristiana dei primi secoli, ha decretato la loro fine la fame di metalli che ha attraversato il medioevo. il bronzo era un materiale prezioso. le grandi statue venivano fuse per ricavarne strumenti di lavoro, armi, arredi sacri e profani.

Il Marco Aurelio che oggi sta in copia al centro della romana piazza del campidoglio e in originale all’interno dei musei capitolini avrebbe subito la sorte dei tanti perduti capolavori se, per un errore provvidenziale, i romani dell’alto medioevo non avessero riconosciuto in quel cavaliere in bronzo dorato l’immagine di costantino, l’imperatore cristiano.

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