Se, nella vampa notturna del sogno, un popolo di generosi pellegrini venisse a guado entrando, al buio, nel bisbiglio fulgente d’acqua, nella cattedrale di siena, troverebbe a tastoni con i piedi scalzi un sacrario stellato di marmi. Quasi una mappa del cielo in terra su cui orientare d’istinto il cammino verso la gerusalemme celeste.
Un paradiso di figure sospese, che affiora lento come un pianto di gioia. Una città di ghiaccio che galleggia sulla nebbia del mondo. Le tarsie magistrali dei luminosi operai e fabbriceri del duomo hanno su tutti noi un vasto potere d’attrazione magnetica per il loro frasario armonico e levigato dei marmi: ingegnosa frattura e ricomposizione di questo pane del cielo, vivo e sottile come una pisside ricolma di azzimi prima della consacrazione.
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