Casauria, il Medioevo abita qui

di Paolo Simoncelli

In Abruzzo l'abbazia di San Clemente racconta una storia più che millenaria

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​«Questo piccolo uomo dal gesto veemente ama una grande cosa morta e l’ama con tutte le forze della passione umana». l’uomo è pier luigi calore, diplomato all’istituto delle belle arti di napoli, intellettuale e appassionato archeologo “fai da te”. L’autore del verso a lui dedicato, un piccolo testamento spirituale, l’amico gabriele d’annunzio. la “grande cosa morta” è l’abbazia di san clemente a casauria, gioiello del romanico-gotico abruzzese che rifulge in un lussureggiante giardino, annunciata da un paio di cipressi e da una colonna romana all’inizio di un vialetto.

Appare subito alla vista, in fondo alla stradina, il complesso monastico, fondato come ex voto dall’imperatore ludovico ii nell’871, dopo essere scampato alla prigionia nel ducato di benevento, con l’ampio porticato a tre arcate che nasconde i portali corrispondenti. L’arco centrale ha incisi sui capitelli i dodici apostoli e nella cornice più interna una serie di figure tra cui il re davide, l’abate gioele e poi il leone, l’angelo, il bue e l’aquila, i simboli degli evangelisti.

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