182 EDITORIALE

di Philippe Daverio

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​Si dice che sant’agostino sostenesse che, se iddio avesse voluto che si portassero vesti azzurre, avrebbe fatto nascere pecore azzurre. in questa dichiarazione, probabilmente apocrifa, sta una presa di coscienza estremamente importante dell’antichità: ci si vesta con umiltà e con il color chiaro della pecora, e poiché la pecora nera – come si sa – è più rara, il nero sia riservato a una veste aristocratica. le noir, c’est chic. ma ben di più è il nero: è utilmente omologante.

La nobiltà emancipata si può permettere il lusso della policromia perché ne domina le tonalità e le variazioni. non per nulla luigi xiv si addobba con parrucca folgorante e con cromatismi da caramella che si concludono con le scarpe rosse. la medesima ricchezza delle vesti, lo stesso gusto per il combinato di sete e velluti lo si ritrova nei grandi ritratti coevi dei puritani d’Olanda. solo che per costoro tutta questa ricchezza va declinata in un tono unico, il nero. Ed è un po’ come se questi anticipatori avessero già avanzato la tesi di ford, il monarca di detroit, che sosteneva per la sua automobile democratica, la famosa modello t1, che ogni colore fosse concesso purché nero! l’automobile finché era lusso era coloratissima, mentre quando divenne popolare e democratica si adeguò come le vesti dei puritani.

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