«Leggiadra è new york, una bella donna in un abito a fiori, la vita stretta in un’alta cintura e la gonna a campana, svolazzante. un po’ anni cinquanta, ha presente?», Mi disse il vecchio gentiluomo con il panciotto a righe color asfalto, sorridendo compiaciuto per l’inedita immagine che ci dava della sua città. lo guardai stupita, e lui, incoraggiato, proseguì: «la città non sarebbe quella città che tutto il mondo ci invidia, se non ci fossero a percorrerla continuamente i tacchi ticchettanti delle sue ragazze, e a renderla coloratissima i variopinti mazzi di fiori accatastati in capaci secchi fuori dai mille negozietti coreani agli angoli delle strade, dove a ogni ora della notte puoi trovare il conforto di un caffè caldo».
Pensai ai tanti cliché su new york, e trovai stuzzicante quella nuova prospettiva delle ragazze e dei fiori. certo strideva con l’idea della città violenta e criminosa che ci danno i telefilm, o con il celebre profilo dei grattacieli che sembrano scattare verso l’alto uno dopo l’altro, in una fredda, folle gara. In realtà noi, parlando di new york, intendiamo solo il distretto di manhattan, l’isola al centro del mondo occidentale dove si creano le mode e le tendenze artistiche: con i suoi grandi musei, il famoso parco, le strade che vanno verso l’infinito.
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