Sinfonie cromatiche

di Gabriele Simongini

A Milano l’arte astratta con cui Kandinsky voleva toccare le corde dell’anima

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​«I primi colori che mi colpirono furono un verde chiaro e vivace, il bianco, il nero, il rosso carminio e il giallo ocra. sono impressioni che risalgono a quando avevo tre anni. Vidi questi colori su oggetti disparati che passavano davanti ai miei occhi, proprio per la vivacità dei colori stessi». ecco l’incipit di sguardo sul passato, l’autobiografia che vasily kandinsky scrisse fra il 1913 e il 1918 come un percorso a ritroso nel tempo e nella propria pittura, con un acume analitico che ha pochi eguali nelle memorie autobiografiche degli artisti.

In quelle pagine lucidamente appassionate uno dei protagonisti ricorrenti è il colore, così come del resto avviene nella pittura di kandinsky, profondamente radicata nel magma incandescente e caleidoscopico di un’interiorità che prende appunto forma e voce musicale attraverso quello che lo stesso artista ha chiamato il “coro dei colori”. la potenza lirico-emotiva ma anche strutturale e compositiva del mezzo cromatico è ben evidente nei numerosi capolavori provenienti dal centre pompidou di parigi che punteggiano la costellazione di opere presentate a palazzo reale, a milano: da improvisation iii (1909) a quadro con macchia rossa (1914), da nel grigio (1919) a giallo-rosso-blu (1925), da accento in rosa (1926) ad azzurro cielo (1940).

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