Era uno splendido inizio di settembre. eravamo invitati a un grande matrimonio palermitano. mio fratello, sempre entusiasta di fare da autista, progettò di arrivare fino a napoli e di prendere là il traghetto per la sicilia; e quindi io e lui cominciammo a insistere, finché paolo, il più pigro di noi, sempre riluttante agli spostamenti, cedette. ci mettemmo in viaggio, coi vestiti appesi all’interno della macchina e lustre scarpe da cerimonia pendenti dai finestrini.
Quanto ai gioielli, tirai fuori lo spillone luccicante ereditato da zia rosina, felice di potermelo infine mettere addosso. di mattina presto sbarcammo nel porto di palermo. io ero già stata in quell’affascinante, contraddittoria città, ma da studente di archeologia, in una primavera sgargiante, che abbelliva i monumenti, le strade e le vecchie case: e mi era sembrata malridotta.
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