L’umiltà esaltata

di Antonio Paolucci

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Bisogna entrare nella madonna di senigallia di piero della francesca (urbino, galleria nazionale delle marche) così come si entra in uno spazio liturgico. solo così potremo capire il sistema di simboli che governa quel celebre capolavoro. Protagonista del dipinto è la luce, la luce sommessa, obliqua di un giorno qualsiasi. quella luce, filtrando in un pulviscolo d’oro attraverso i vetri della finestra raffigurata a sinistra, svela un interno di casa signorile ma non sfarzosa dove una giovanissima madonna assistita da due angeli adolescenti presenta, con gravità dolcemente triste, il suo malinconico bambino. gli antichi teologi usavano la metafora della luce e del vetro per spiegare il parto verginale.

Come la luce attraversa il vetro senza romperlo così si è compiuto (sine peccato et concupiscientia) il divino concepimento. Ancora secondo un preciso codice simbolico vanno interpretati gli oggetti che abitano la stanza. così la nicchia parietale sullo sfondo disegnata con la squisita eleganza che incontriamo in certi dettagli del palazzo ducale di urbino, nella sala degli angeli o in quella detta “della jole”, per esempio, è un vero e proprio tabernacolo eucaristico mentre gli oggetti ivi contenuti hanno un preciso significato religioso: la scatola cilindrica è una pisside, contenitore di ostie consacrate, la cestella di vimini è figura di maria perché il suo corpo accolse il salvatore come la fiscella scirpea, il cesto di giunchi che accolse mosè abbandonato sulle acque del nilo, i candidi veli sono allusivi alla purezza della ancilla domini.

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