Ero imbevuta di immagini ottocentesche della città sulle rive dell’elba. i grandi mercanti della lega anseatica e le loro città, la loro vita operosa e il quieto benessere, i grandi porti di amburgo e lubecca, e la severa brema, da cui proveniva zia anja, terrore dei nostri giochi infantili, la lettura dei buddenbrook, il romanzo di thomas mann che mi aveva tanto appassionato nell’estate dei miei diciott’anni, tutto concorreva a farmi desiderare quel viaggio ad amburgo che feci con un’amica romana.
Frequentavamo un corso estivo di tedesco a göttingen, città piccola e graziosa, quasi non toccata dalla guerra, con un’università molto vivace. così decidemmo di prenderci una vacanza e di andarcene ad Amburgo. Avevamo pochi soldi, e decidemmo per lo jugendherberge, l’ostello per la gioventù, che ci pareva molto più moderno e trasgressivo di un albergo qualsiasi. spartano ma pulito, letti a castello con su appesi camiciole, calzetti e biancheria varia, maschi da una parte e femmine dall’altra, ci andava benissimo.
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