La prima icona

di Giovanna Parravicini

Sulla tradizione del mandylion, il Volto Santo acheropita, ossia non dipinto da mano umana, si radica e si sviluppa il culto dell’immagine di Cristo

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«Siate santi come santo è il padre vostro»: ogni santità ha inizio dalla contemplazione della santità di Cristo, immagine visibile del padre, che fin dai suoi inizi la chiesa ha riconosciuto vivo e presente attraverso i sacramenti, le scritture e le immagini sacre. la scoperta del “volto” dell’uomo della sindone, compiuta attraverso il negativo della prima fotografia scattata nel 1898, sembra superare d’un balzo i secoli per ricongiungersi allo sguardo penetrante e ai lineamenti modellati a encausto del volto di cristo del vi secolo custodito nel monastero di santa caterina, sul Sinai.
In queste immagini non è semplicemente fissata la memoria storica di un personaggio vissuto duemila anni fa, ma è resa presente per tutte le generazioni la salvezza incarnata nel figlio di dio che assume la natura umana per innalzarla fino al padre.

In questa prospettiva si inseriscono le icone acheropite, cioè “non dipinte da mano d’uomo”: immagini della fede della chiesa nel mistero dell’incarnazione, in cui dio stesso si offre quale icona vivente e restaura nell’uomo – creato a sua immagine e somiglianza – l’icona di dio, che era stata sfigurata nel peccato originale. fra le tante leggende e tradizioni alla base delle acheropite ne esistono due, caratteristiche rispettivamente dell’oriente e dell’occidente: l’una si rifà alla prodigiosa guarigione di re abgar di edessa mediante un lino (mandylion) su cui era impressa l’effigie di Cristo, l’altra al gesto pietoso della veronica, lungo la via dolorosa del calvario.

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