La fiaba di Teodolinda

di Alessandro Beltrami

Nel Duomo di Monza sui ponteggi della cappella degli Zavattari per ammirare gli affreschi del Quattrocento al termine dei restauri

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C’era una volta una regina bella, saggia e pia di nome Teodolinda. La sua storia la raccontarono come la più luccicante delle fiabe gli zavattari nella cappella a lei intitolata nel duomo di Monza. E' lo stesso spazio che custodisce la corona ferrea, oggetto simbolo dell’occidente europeo e che la tradizione vuole forgiato a partire da uno dei chiodi di Cristo proprio per iniziativa della regina longobarda. Alla sposa di autari e quindi di agilulfo, sul trono del regnum italiae per ventotto anni, si deve la fortuna della città lombarda, scelta intorno al 595 come capitale estiva. Non stupisce che a teodolinda monza abbia tributato una venerazione durata nei secoli.

Tra il 1441 e il 1446 gli zavattari, stirpe di pittori milanesi, ne cantarono la vita in quarantacinque scene. La traccia è la historia langobardorum di Paolo Diacono ma lo sviluppo nei 500 mq delle pareti, decorate da cima a fondo, assomiglia ai capitoli di un lungo roman cortese. Il ciclo è d’altronde uno dei più celebrati del gotico internazionale in italia. I dipinti restituiscono un’idea estremamente vivida di come dovesse essere la vita nella metà del quattrocento alla corte milanese dei Visconti, una delle più sfarzose dell’intera Europa.

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