Locride curve, eremiti e pittori

di Paolo Simoncelli

Antica, selvaggia, sorprendente: questo tratto di costa calabrese è una miniera per lo spirito

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Nella cucina che dà sulle montagne l’acqua aspetta nella pentola. Ci vorrà un po’ prima che si metta a bollire. E' autunno in questo sperduto angolo di Calabria e la natura intorno all’eremo si prepara al letargo. La corrente gelida dell’allaro scorre a valle. Nel cielo galleggiano le nuvole di Magritte. Ne è passato di tempo da quando l’eremita francese Frédéric Vermorel arrivò per la prima volta qui, a Sant’Ilarione.
Era il 2003 e il monastero languiva nel degrado: tetti sfondati, travi cadenti, guano di pipistrelli fino alle caviglie. dovette rimboccarsi le maniche per riportare a nuova vita l’antico luogo di romitaggio costruito forse nel vi secolo su uno sperone roccioso lungo la fiumara.

«L’ultimo eremita abbandonò il monastero nel 1952, dopo l’alluvione che flagellò la locride» racconta mentre, terminata la preghiera delle 12.30 accompagnata dalla cetra, butta la pasta nell’acqua fumante. Gli subentrò una famiglia di contadini che ci abitò per vent’anni. Subito dopo, a parte il restauro degli anni ’90 voluto dagli abitanti di caulonia, legatissimi al loro protettore Sant’Ilarione (la cui vita fu narrata da san girolamo) approdato in sicilia dalla palestina nel 330, scese l’oblio.

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