«Mute come eroi d’un tempo che non ha più tempo, d’un tempo che si snodi dopo ogni tempo, le sculture di Mitoraj possono solo offrirci avvisi, segnali ed allarmi. Ma proprio in tale offerta, sta tutto l’immenso riguardo e l’immenso amore che esse ci ostendono e ci elargiscono». Così giovanni testori sottolineava la valenza profetica dell’opera di igor mitoraj: nessuna operazione nostalgica per riportare in vita una bellezza irrimediabilmente perduta, ma memoria viva, ferita e dolente. La modernità della sua arte si gioca proprio sul crinale della ferita. In quel crinale Mitoraj, morto a Parigi il 6 ottobre 2014 a settant’anni, ha fatto del tempo il protagonista della sua opera.
Il tempo come relazione. l’artista polacco meglio di chiunque altro ha saputo gettare un ponte tra il nostro novecento dilaniato e straordinario e l’età classica. Ha accolto nella sua arte i fermenti e le contraddizioni del secolo scorso, dove l’umana esistenza e le sue possibilità sono state vissute in tutta la profondità del bene, del bello, del pensiero, e insieme degli abissi del male, della disperazione, del vuoto. mitoraj “cattura” nei marmi e nei bronzi gli orizzonti che hanno reso reali sogni millenari (i diritti universali, le scoperte scientifiche, l’uomo tra le stelle e sulla luna…) e gli incubi più terribili (dai genocidi di popoli alla potenza devastante dell’atomica).
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