L’universo esiste soltanto per la vita, e tutto ciò che vive si alimenta, scrisse nel 1825 anthelme brillat-savarin, politico, magistrato e gastronomo francese, nella sua fisiologia del gusto. Il cibo parla, è in grado di raccontare la natura dei rapporti sociali, di spiegare la loro evoluzione all’interno di un universo simbolico che è eminentemente legato alla comunicazione e in particolare alle nostre azioni del vedere e del gustare. nei sensi coinvolti dal cibo, infatti, si confrontano insieme un’azione a distanza (la visione) e una di controllo, di relazione fisica tra i corpi (il gusto). Le parole del cibo sono costituite dunque tanto dalla sua composizione, ossia da quella sua “architettura” che è la presentazione, quanto dalla loro trasformazione, dalla consumazione, dall’articolazione con la quale la cerimonia del nutrirsi si esplica.
Se Claude Lévi-Strauss ha indagato l’alimentazione come momento costitutivo della rappresentazione sociale, elemento basilare dell’antropologia culturale, occorre tener presente che, oltre a questo, il cibo è il terreno sul quale si confrontano ideologie dell’alimentazione e strumenti del suo consumo, ed è anche referente di un processo di comunicazione che, nel corso degli ultimi duecento anni, si è enormemente complicato.
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