Bressanone, la città dei principi-vescovi

di Alessandro Beltrami e Paolo Simoncelli

La città altoatesina è una piccola capitale posta sul confine tra Settentrione e mondo latino

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Sul vicoletto di ponte aquila la statua di san giovanni nepomuceno sorveglia le acque dell’isarco. protettore dalle inondazioni, tante e devastanti nella lunga, nobile storia di Bressanone, se ne sta sospeso tra le due anime dell’antica città del tirolo meridionale. Da una parte la cittadella vescovile, dalle strade ampie e rettilinee, in certe prospettive quasi metafisica, con vasti spazi all’ombra di chiese e palazzi; dall’altra, oltre il fiume, fino alla confluenza di Rienza e Isarco, il vecchio quartiere popolare di stufles, dalle vie strette, acciottolate e tortuose, dove tutto è quiete e silenzio.
Oggi San Giovanni Nepomuceno può stare tranquillo. dopo la regolamentazione dei fiumi del 1882 le acque dell’isarco scivolano mansuete, in piena sintonia con la calma dorata che avvolge la conca in cui si annida bressanone. La corona di montagne la protegge dai venti freddi del nord: il massiccio della plose – con le dolomiti alle sue spalle –, la cima della capra, la vetta di terento. 

Nella valle crescono frutteti, vigne cariche d’uva e nella bella stagione ondeggiano prati in fiore. in certe giornate l’aria è talmente mite che pare di essere nel meridione. aveva ragione il viaggiatore anonimo sceso dal nord europa alcuni secoli fa: «l’aria a Bressanone – scrisse – ha un sapore poco tedesco e quasi mediterraneo. ci sono olmi, querce e faggi; tutto qui ha un mese di anticipo sulle valli del sud tirolo».

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