E' come il fronte del perito moreno in cui s’insinuano fenditure quando, con l’arrivo dei mesi caldi, il ghiaccio avanza verso il mare e la sua uniformità si smembra in torreggianti, bianchi cumuli che divergono mentre si avvicinano al punto in cui con un maestoso tonfo cadranno. Le masse in gioco del ghiacciaio sono poderose e il loro moto è lento quanto inarrestabile.
In prossimità dell’antartide la vita assume dimensioni diverse, inconcepibili altrove; abita lande gelate e si nutre di licheni, è inondata da riflessi e bagliori, ovunque pervasa da una luminosità implacabile quanto lontana, intensa quanto fredda. la patagonia nella sua propaggine estrema prende il nome di terra del fuoco: agli indigeni non bastavano le pelli per coprirsi e vi sopravvivevano solo grazie ai tanti falò sempre accesi che sorpresero i visitatori europei.
Il museo dello hielo patagónico, detto anche glaciarium, riprende la storia e l’ambientazione di questa regione, a partire dall’architettura che ripropone la figura del ghiacciaio nel momento del suo scindersi presso il mare: esprime così il genius loci, lo raffigura e lo indaga nelle sue manifestazioni fisiche, biologiche, antropologiche. su tutto domina il freddo. E' un museo nato per mimesi, incapsulando in sé la storia della regione e della comunità di cui diviene espressione concreta, scultorea presenza, epitome e simbolo. E si pone anche come coscienza operante, anima del sito, effige di un’identità che in altro modo forse non potrebbe rappresentarsi compiutamente. è casa comune e centro di accoglienza in cui il visitatore può avvicinare quanto di più proprio e originale l’ambiente riserva.
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