Argentina, mondo capovolto

di Andrea Semplici

Se Buenos Aires è città dove ogni orizzonte è possibile, la nazione è un sogno inafferrabile in cui un ballo diventa visione e una bevanda una filosofia di vita

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Non so come orientarmi nel labirinto di buenos aires. non so aiutarvi, non so darvi consigli. E poi manco da troppo tempo. A chi dar retta? a jorge luis borges? tornò nella sua città dopo una lunga assenza: «questa città che io credevo il mio passato, è il mio avvenire, il mio presente, / gli anni che ho vissuto in europa sono stati illusori, io ero sempre (e sarò) in buenos aires». e ancora: «è una bugia pensare che buenos aires abbia avuto un inizio: io la considero eterna. Come l’acqua o l’aria». borges non ha la supponenza dello storico ed erudito héctor sáenz: «Buenos Aires è stata accusata di vivere ignorando il resto dell’america spagnola. ma come poteva vivere altrimenti il suo abitante, il Porteño?». 

Una volta tanto non sono d’accordo con ernesto che guevara: a lui, giovane innamorato delle solitudini andine o degli orizzonti grigi dell’oceano, la capitale argentina non piaceva: «Buenos Aires ogni volta mi appare sempre più noiosa». Strano, è città da insonni ed Ernesto amava il disordine della gioventù... è bene, dunque, tornare a Borges: è lui a inventarsi, per la sua città, uno strano aggettivo: “innumerevole”. Una città che ne contiene altre, che, per di più, fra loro, sono inconciliabili.

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