Santuari della memoria

di M. Antonietta Crippa

I musei aspirano a dare forma al tempo e da luoghi delle Muse sono diventati spazi di ricerca culturale e di educazione

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Non vi è celebrazione più potente della “memoria” umana di quella espressa da sant’agostino nel capitolo decimo delle confessioni. la scopre, insieme ad “attesa” e “attenzione”, nell’interrogarsi sul tempo: la riconosce dunque come uno dei tre stati della coscienza umana che distingue il tempo in futuro, presente, passato. Vi si sofferma a lungo, stupito per la sua singolare vastità e potenza. tutto il mondo che l’uomo incontra può essere conservato nei suoi campi e nei suoi vasti quartieri, «dove riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose, introdotte dalle percezioni; dove sono pure depositati i prodotti del nostro pensiero», e dove «si conservano, distinte per specie, le cose che, ciascuna per il proprio accesso, vi furono introdotte: la luce e tutti i colori e le forme dei corpi attraverso gli occhi; attraverso gli orecchi invece tutte le varietà dei suoni, e tutti gli odori per l’accesso delle narici, tutti i sapori per l’accesso della bocca, mentre per la sensibilità, diffusa in tutto il corpo, la durezza e la mollezza, il caldo e il freddo, il liscio e l’aspro, il pesante o leggero, sia all’esterno sia all’interno del corpo stesso. tutte queste cose la memoria accoglie nella sua vasta caverna, nelle sue, come dire, pieghe segrete e indescrivibili, per richiamarle e rivederle all’occorrenza». 

La vastità cavernosa può apparirgli anche «enorme palazzo», «santuario vasto, infinito», essendo questa facoltà grandiosa, di «infinita e profonda complessità» che intimorisce perché: «chi giunge mai al suo fondo? e tuttavia è una facoltà del mio spirito, connessa alla mia natura. in realtà io non riesco a comprendere tutto ciò che sono».

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