Donatello e il dramma del Risorto

di Antonio Paolucci

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La resurrezione è un evento glorioso e come tale lo hanno sempre rappresentato gli artisti nella tradizione iconografica cristiana. si rovescia la pietra del sepolcro, fuggono terrorizzati i soldati custodi, oppure cadono al suolo sgomenti di fronte alla mirifica visione. La natura splende sotto il sole perché è primavera. infatti la resurrezione è “renovatio mundi” e la natura che si rinnova e fiorisce dopo il gelo dell’inverno, è figura di quel prodigio. Da Giovanni Bellini a Tiziano, dal beato Angelico a Pontormo, da Rubens a Rembrandt, questa è sempre stata la resurrezione nell’immaginario dei credenti e nella visione degli artisti.

C’è un’eccezione però: un’eccezione che si colloca al vertice dell’arte che i manuali chiamano del rinascimento. mi riferisco a una immagine della resurrezione che contraddice tutti gli stereotipi, che parla di un evento dolente e malinconico, carico di sofferenza e di angoscia. per conoscere questo unicum nel panorama dell’arte italiana bisogna entrare nella basilica di san lorenzo a firenze. Il luogo di culto, fondato e consacrato da sant’ambrogio quando la romana florentia era ancora in buona parte pagana, sta alle origini della storia cristiana della città moderna, assumendo un ruolo nei secoli sempre più importante fino a diventare parrocchia e poi chiesa palatina della famiglia medici. ebbene, entrate in san lorenzo e fermatevi di fronte ai pulpiti che donatello modellò, fuse in bronzo e cesellò negli anni (1461-66) in cui era signore della città cosimo de’ medici il vecchio, “padre della patria” come lo definivano gli intellettuali encomiasti.

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