Visionario, apocalittico, fantasmagorico… Ma soprattutto realista. Sì, hieronymus bosch è uno dei più grandi realisti della storia dell’arte. ha dato colore e forma alla sostanza stessa della realtà, non si è accontentato di offrircene la superficie, per quanto splendente.
La disposizione di molteplici scene su più piani – che caratterizza gran parte delle sue opere – vuole cogliere l’essenza delle cose nel segno della multiformità, e mostrarci il dialogo quotidiano tra terra e cielo, tra creatura e creatore. Perché se quel che conta è invisibile agli occhi, bosch quell’invisibile ha cercato, amato, intuito e raffigurato.
L’invisibile è provvidenza operosa, amore, preghiera, libertà, ma è anche tentazione, caduta, infedeltà, follia… le sue opere sono un gioco di sguardi, quello esteriore e quello interiore, che mai, ci dice il maestro, possiamo separare perché il prezzo sarebbe la cecità, quella che gesù condanna nei farisei: la falsa visione di se stessi e del mondo… Il maestro fiammingo ha saputo raffigurare la menzogna, che al male sempre si accompagna, nelle sue innumerevoli declinazioni, attingendo alla sua fantasia che non conosceva limiti o inibizioni e ai bestiari medievali, con la loro lunga tradizione di figure mostruose che avevano solcato storie e geografie e le cui radici affondavano nell’antica persia e nella grecia classica. come ha sottolineato Jurgis Baltrušaitis, bosch forgia in visioni apocalittiche l’antico immaginario che abitava spazi marginali nei codici e nei capitelli romanici e gotici, e per primo lo pone al centro della scena.
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