Il treno rallenta arrivando a mantova, passando attraverso i laghi scintillanti. e la città si apre pian piano, come spostando un velo di bruma, in questa mattina di ottobre.
Quante volte ci sono venuta, fin da bambina, da quando zia elisa-la-terribile, sorella maggiore di mia nonna virginia, ci invitava per il suo compleanno al grande pranzo di valeggio sul mincio, dove abitava. bisognava essere puntualissimi, i tortellini venivano serviti a mezzogiorno in punto, caldi caldi, e poi per i bambini c’era la vasca di zabaione, con tanti cucchiaini pronti in fila davanti.
Nel pomeriggio, tutti a Mantova, a girare per il centro col naso per aria: ma quelli che sempre mi colpivano erano proprio i laghi, che mi raccontavano parole antiche, storie di belle dame prigioniere o trionfanti, di cavalieri e di imprese gloriose. Erano placidi e insidiosi, e sotto l’acqua c’erano – mi pareva – mostri fatali che vivevano in oscure caverne.
Molte altre volte ci sono poi tornata da grande, nella città ducale, ho ammirato monumenti, visitato mostre, partecipato a festival, raccontato le mie storie, dormito in deliziose stanze che danno su cortili interni profumati di gelsomini.
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