Andar per chiese all’Avana

di Alessandro Gandolfi

L’isola che cambia: viaggio nella capitale cubana tra monumenti barocchi e una religiosità in emersione

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C’è un tempietto dorico che nessuno nota, All’avana. E' sul Malecón, a due passi da plaza de Armas. Nel piccolo cortile l’ombra è garantita da un albero di ceiba, già sacro alle popolazioni precolombiane. ma entrando nell’edificio alcuni quadri attirano l’attenzione: sono grandi, un po’ sbiaditi dal tempo, dipinti dal francese jean baptiste vermay: «l’Avana fu fondata esattamente in questo luogo – esordisce una guida – e la ceiba che vedete riprodotta nei quadri è la stessa del cortile qui fuori». In uno dei tre oli un parroco celebra la prima messa della città, con i fedeli inginocchiati sotto l’albero che – a dispetto di ciò che sostiene la guida – non è più quello originale.

Non importa: i cittadini lo considerano miracoloso e ogni 16 di novembre, in occasione di una festa, in segno di buon auspicio si gettano monete fra le sue radici. Credenze che affondano in quell’amalgama religioso che a cuba vede il cattolicesimo contaminato da forme di animismo proprie degli schiavi africani: una convivenza che ha generato culti sincretici unici come la santerìa, il palo monte o la regla de arará.

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