Nell’assemblea di fedeli riuniti nel tempio di Gerusalemme si fece silenzio.
Un solista si alzò e intonò il “grande hallel”, cioè la lode per eccellenza rivolta al dio del cosmo e della storia. era quello che poi sarebbe stato numerato come il salmo 136: «lodate il signore: egli è buono! / i cieli ha fatto con sapienza, / la terra ha stabilito sulle acque, / ha fatto le grandi luci: / il sole a reggere i giorni, / la luna e le stelle a reggere la notte…!».
Il popolo a ogni verso ripeteva un’antifona: kî le‘olam hasdô, «perché eterno è il suo amore!».
In quei versi del solista e nell’acclamazione corale era sintetizzato uno degli articoli fondamentali della fede biblica, quello della creazione come opera divina, posta bereshît, cioè “in principio”, alle sorgenti dell’essere. E bereshît è la prima parola del primo versetto del primo capitolo del primo libro della Bibbia, quello che il popolo ebraico chiama semplicemente bereshît e che noi, sulla scia dell’antica traduzione greca delle sacre scritture ebraiche (detta “dei settanta”, dal leggendario numero dei traduttori), denominiamo genesi.
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