La fuga in egitto ha un peso tutto sommato marginale nei vangeli. Chiude la serie natalizia che la chiesa celebra in sequenza: prima la nascita, poi la strage dei santi innocenti, poi la visita dei magi, infine la fuga verso terre lontane per sfuggire al progetto omicida del tetrarca Erode.
La fuga in egitto ha sempre affascinato i fedeli e con loro gli artisti. era e resta commovente l’idea di una piccola famiglia – giuseppe, maria e gesù piccolissimo, entrambi, nell’iconografia più diffusa, rappresentati a cavallo di un asinello – che affronta un viaggio rischioso, al freddo perché siamo in pieno inverno, in mezzo a pericoli di ogni genere, con poche e forse nessuna risorsa, senza sapere dove andare e quale sarà l’accoglienza in terra straniera. Era questo il viaggio dei poveri nei secoli andati ed è oggi il viaggio dei migranti che arrivano in questa nostra parte del mondo.
I pittori, da gentile da fabriano ad annibale carracci, hanno spesso raccontato il viaggio della sacra famiglia verso le incognite terre d’egitto. tuttavia (per un breve momento sospendendo fatica, sofferenza e paura), anche al viaggio dei poveri dio concede un po’ di sosta, qualche attimo di quiete e serenità. è il tema iconografico del riposo durante la fuga in egitto, caro a elsheimer e a caravaggio, diffuso soprattutto fra cinquecento e seicento. c’è un pittore – Federico Barocci si chiamava – che circa gli anni 1570-73 offre del riposo l’interpretazione forse più toccante fra quante ne conosco.
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